Tutti A Scuola Varie ed eventuali

Il mal di materia.

Cosa sono le materie? Esistono? Quanto tempo gli dedichiamo singolarmente? Quali sono le più importanti? Tutte e nessuna.

Domande presentissime ovunque, soprattutto tra coloro che hanno intrapreso l’istruzione parentale di recente:

– quante ore dedicate alla stessa materia?
– come fate a insegnare una materia che non interessa?
– che libri usate per fare questa o quella materia?

La Materia. Leggete qui l’etimologia della parola “materia”. Quanta concretezza! Quanta materia! Nulla fa riferimento alla materia in sé (che è invece “sostanza prima di cui altre sono formate”), al suo modo di passare da uno all’altro. In tempi di nuovo lockdown, potremmo paragonarla al lievito madre che per qualche mese ci ha onorati del pane fatto in casa. E cos’è fare il pane? E’ conoscerne l’origine, sì certo, ma poi è maneggiare le farine, preparare un piano di lavoro, usare un forno, applicare forza con le mani, mangiare, condividere… e ho sintetizzato.

La materia fine a se stessa non esiste. Potrebbe essere il titolo di un altro libro. Esiste la realtà (questa sì, è proprio materia!) che è legata alla conoscenza e che è fatta di tante cose. Quello che la maggior parte di noi intende per “materia” però è proprio quello che allontana l’essere umano dalla comprensione piena, empatica, presente e viva, della realtà che lo circonda.

Nella nostra istruzione tradizionale, abbiamo imparato (forse?) che le materie (contraddittoriamente teoriche?) costituiscono i saperi collettivi (miracolosamente depositati nei singoli insegnanti?) e che non esiste cultura generale (astrattamente ritenuta fondamentale?) senza un’ora di questo e tre ore di quell’altro. Ma è davvero così? Secondo noi no. Queste sono gabbie di conoscenza destinate a liberare l’imbizzarrimento di tanti giovani stalloni che per anni vengono istruiti in modo unidirezionale (dalla scuola, dalla famiglia o da chiunque altro) a “carota e bastone”. La mia trigonometria si è sciolta dalla sua cella frigorifera anno dopo anno, così come gli integrali, il latino, la filosofia… che ne è di quei 9? A chi potrei passare un compito oggi su queste materie? A nessuno. Bravo chi legge e si ricorda tutto. Di certo interrogarlo per vedere se è vero non credo sia nell’interesse immediato di nessuno.

Le materie (termine che nell’accezione odierna, stando ai risultati, non sposa affatto il concetto più esteso di cultura generale, di tutto un po’ e quindi di niente, di padronanza degli argomenti e di conoscenza) sono mezzi, non obiettivi. Se io ho l’obiettivo (che dovrebbe rispondere per altro a un desiderio e non ad un’ambizione) di diventare medico, ho bisogno di fare un percorso, un insieme di esperienze, un cammino, non una materia. Non ci arrivo studiano solo il corpo umano o la medicina a tutta manetta, soprattutto oggi, ma imparando a conoscere il mondo, i miei pazienti, i sintomi, le cause, le avvisaglie, le caratteristiche di ognuno. Quante materie ci sono qui? Quale cultura generale antecedente era necessaria per saper distinguere un virus da un batterio? Mio marito ha fatto il liceo classico e si è laureato in economia e commercio. Boh.

Quante citazioni si fanno di questi tempi sull’insegnamento e sugli insegnanti? Troppe, considerato che non si parla mai di apprendimento. Eppure hanno studiato per diventare insegnanti (è una materia?). Oggi lo Stato (avendo per strada migliaia di precari) richiama di ruolo persone che hanno fatto il concorso quindici anni fa e che hanno poi lavorato da dipendenti in un’azienda farmaceutica fino a ieri. E’ una scommessa da vincere puntare tutto su quel che si ricordano e su come lo metteranno in pratica, se davvero questo (il binomio “titolo-concorso”) è ciò che li rende degni, adatti, idonei alla mansione per la quale sono stati richiamati dopo tanto tempo. Quante incongruenze, quanta poca voglia di guardare con attenzione la vita dei nostri ragazzi scolarizzati, la condizione reale della scuola di oggi e, perché no, il piglio con il quale si sceglie di mettere in atto una scelta di istruzione parentale.

Per dirla con termini noti, più vicini all’idea comune di scuola, nella nostra vita quotidiana, la materia regina è data dalla realtà. Questa la facciamo tutti i giorni. I fatti che accadono, o dei quali ci rendiamo a volte registi, altre volte attori o semplici osservatori, rappresentano le ore che passiamo vivendo a 360 gradi ciò che facciamo. Le domande di Samuele (alle quali a volte aggiungiamo le nostre) sono il programma, che è quotidiano, perché l’obiettivo non lo conosciamo (non sappiamo né quando, né dove, né come), e il principale metro di valutazione che utilizziamo per misurare gli effetti di quello che facciamo, i risultati, il valore è tipicamente montessoriano (ad uso esclusivo di chi conosce davvero Maria Montessori): la felicità del bambino, la condizione di serenità che vive anche in situazioni di difficoltà, di precarietà, di conflitto. Il modo allegro, vitale ed entusiasmante con cui si avvicina all’apprendimento che origina da un suo interesse per la realtà è ciò che rende fertile il terreno. E, in fondo, pensateci, per chi non è la stessa cosa, compresi noi genitori, tutti prevalentemente molto occupati con i nostri interessi? Si chiamano “interessi”. Ci interessano al punto che tanto spesso ci strappano persino all’abbraccio dei figli…

Noi le materie non le affrontiamo mai singolarmente, a compartimenti stagni, a meno che non vi siano passaggi, momenti o specificità che rendono necessario un approfondimento. E l’approfondimento lo facciamo solo ove richiesto. Per noi le materie non esistono. Esistono norme e condizioni, cause ed effetti, sfere e ambiti della vita, che regolano la realtà e la realtà offre quotidianamente decine di spunti per camminare tra i sentieri e le autostrade di una conoscenza che ormai dovrebbe essere infinita per chiamarsi “cultura generale”.

Oggi, l’apprendimento non può che essere affrontato in modo trasversale (ovvero passando per tutta l’ontologia e la metafisica dell’essere umano, dall’intelligenza alla manualità, dal cuore alla pratica, dalla tecnica all’interpretazione, dalla padronanza al desiderio, ecc.), multidisciplinare, laboratoriale e, ormai lo vado dicendo da anni, professionale. Vivere è una cosa seria. Ci vogliono tante cose (che molto poco hanno a che vedere con i soldi, i possedimenti, il successo, la fama o il potere) per vivere bene. Nessuna di queste cose richiede di essere confinata alla conoscenza di quattro argomenti, tre date e il nome di qualche fiume, o di essere espansa a un’intera enciclopedia, ma tutte ci impongono di guardare a ciò che siamo. Perché siamo qui? Noi come i nostri figli.

Ecco, questa è la domanda che a suo tempo implicò una riflessione più ampia, durata qualche anno, tante scoperte e molti ripensamenti che, in parte, diede anche il titolo al mio ultimo libro e a questo blog: “La Scuola Non Esiste”.

Perché siamo qui?

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