
Il 21 Aprile 2020 appare sul sito del Miur un comunicato dal titolo:
“Istituito comitato di esperti. Metteremo rapidamente a punto il nostro piano per la scuola.”
Qui il link per andare alla fonte diretta, disponibile online alla data in cui scrivo.
Per tenere traccia e memoria storica dei principali input offerti da questa azione, voluta e coordinata dall’attuale ministro dell’istruzione Lucia Azzolina, copiamo qui sotto il cuore del testo che abbiamo ritenuto di voler approfondire per produrre in pochi giorni il nostro manifesto sul possibile futuro della scuola, come tutti sappiamo, in grande difficoltà da lungo tempo e per mille motivi. Ci facciamo in tal senso volontari e pubblici portavoce informali e disinteressati di un sogno concreto e realizzabile che ha visto coinvolta la buona volontà e l’interesse di molte famiglie italiane, provenienti dai più variegati contesti educativi, volto alla possibilità di esprimere il massimo potenziale di quello che dovrebbe continuare ad essere un grande bene comune: la scuola.
Così dunque recita il testo sul sito del Miur:
“Chiederemo loro di formulare proposte che poi vaglieremo con attenzione. Lavoreremo anche guardando al dopo, al futuro della scuola che è, necessariamente, il futuro dell’Italia. Abbiamo l’occasione, ora che tutti parlano di scuola e avvertono ancora di più la sua importanza, di intervenire per migliorare ulteriormente il sistema di Istruzione”.
Il Comitato potrà formulare proposte su:
l’avvio del prossimo anno scolastico, tenendo conto della situazione di emergenza epidemiologica attualmente esistente;
l’edilizia scolastica, con riferimento anche a nuove soluzioni in tema di logistica;
l’innovazione digitale, anche con lo scopo di rafforzare contenuti e modalità di utilizzo delle nuove metodologie di didattica a distanza;
la formazione iniziale e il reclutamento del personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado, con riferimento alla previsione di nuovi modelli di formazione e selezione;
il consolidamento e lo sviluppo della rete dei servizi di educazione e di istruzione a favore dei bambini dalla nascita sino a sei anni;
il rilancio della qualità del servizio scolastico nell’attuale contingenza emergenziale.
Le proposte presentate saranno poi vagliate dai vertici del Ministero.
Alcune premesse sul manifesto che qui per primi, in risposta ai propositi del governo, ci accingiamo a condividere e a diffondere su base volontaria:
1. nessuno ci ha chiesto un parere e, quindi a maggior ragione, ciò non significa che non lo si possa dare a beneficio della comunità; non cerchiamo né consensi, né visibilità, né abbiamo interessi privati particolari, associativi, personali o di rappresentanza di qualcuno o di qualcosa sugli argomenti qui introdotti; proprio questo, probabilmente, è ciò che più di altri rende liberi noi e chi lo ha già firmato o lo firmerà;
2. nel caso specifico, noi siamo una famiglia che ha scelto da tempo l’homeschooling – già consentito dalla nostra costituzione – come indirizzo educativo di preferenza per i propri figli, quindi non abbiamo interessi diretti nel voler dare indicazioni particolari sul futuro della scuola; ci siamo però, prima di questa scelta, occupati per diversi anni di educazione e di apprendimento, in diversi contesti, compresi quelli di crisi e di povertà, con l’intento di dare vita a progetti educativi innovativi e sostenibili di alto livello e soprattutto socialmente accessibili a tutti; riteniamo pertanto che oggi più che mai abbia senso spendere gratuitamente questo know how e know why per una causa che riguarda il bene comune, rimanendo a disposizione per qualsiasi chiarimento e altro tipo di confronto;
3. questo, secondo noi, non è più tempo di piccole limature, concessi aggiustamenti da salvadanaio o sforzi titanici fatti da insegnanti e genitori, bensì è un tempo che presenta in sé una occasione unica e irripetibile per un cambiamento profondo, epocale e radicale di alcuni pilastri marmorei della nostra società, tra i quali la scuola è certamente fondamentale: basti pensare che cent’anni fa non esisteva e oggi invece è, per tanti motivi, una delle principali risorse del Paese dal punto di vista sociale;
4. il manifesto è frutto di sollecitazioni e condivisioni avute su diversi canali di comunicazione con molte famiglie e a tali canali rimane aperto: si offre a tutti quale documento vivo e condiviso a disposizione dell’intera comunità; in tal senso, invitiamo ognuno di voi a partecipare attivamente attraverso la condivisione di istanze ed esperienze utili a raffinarne l’obiettivo.
UN MANIFESTO PER LE ISTANZE DI UNA SCUOLA NUOVA
E’ possibile sottoscrivere questo manifesto su change.org cliccando qui.
ISTRUIRE, APPRENDERE, EDUCARE – Solo un approccio trinitario alla preziosità dell’individuo può dare vita e luce ai luoghi della crescita della sua anima e, solo di conseguenza, della sua umanità tutta.
PUNTO 1
“Sull’avvio del prossimo anno scolastico, tenendo conto della situazione di emergenza epidemiologica attualmente esistente”
Qui andrebbe gestita una fase transitoria che consenta la sopravvivenza di processi di passaggio già in atto volti al completo rinnovamento di un sistema che andrebbe destrutturato, reso maggiormente flessibile e distribuito sul territorio in modo più equo e solidale. Il timing di “anno scolastico” potrebbe essere sostituito da quello di libero e continuativo apprendimento, più assimilabile al concetto di opportunità di formazione permanente della quale si discute da tantissimi anni, per poter rispondere in modo più flessibile, e allo stesso tempo puntuale, ai bisogni e alle necessità della persona di nutrire la propria conoscenza e le proprie competenze. Il motivo va ricercato in un driver vero, valido e concreto, e non in una calendarizzazione ormai acquisita in quanto rispondente a una serie di equilibri e di standard digeriti per abitudine dalla comunità. Del resto, come ebbe più volte modo di testimoniare Maria Montessori, l’essere umano nasce con un innato desiderio di apprendere. E’ quello, il desiderio vivo, l’entusiasmo per l’apprendimento, che guida la vera conoscenza e che quindi va alimentato. Paventando sin d’ora di limitarsi a riaprire le stesse porte che sono state momentaneamente chiuse, con le stesse modalità attuate nel corso dell’emergenza, rischiamo di condannare tutti ad un adattamento scarsamente motivato che non indurrà né a una maggiore collaborazione, né ad una migliore istruzione.
PUNTO 2
“Sull’edilizia scolastica, con riferimento anche a nuove soluzioni in tema di logistica”
L’edilizia scolastica, pur continuando a garantire degli hub di riferimento per le famiglie distribuiti sul territorio, potrebbe essere riconvertita e ridestinata – attraverso opportuni progetti di riqualificazione ambientale (Urban Value) – a contesti d’ispirazione fab lab divenendo per ogni età luogo di collaborazione, condivisione, creatività e competenza distribuita, oltre che nucleo pubblico di produzione originale di idee e iniziative di crescita e di orientamento attitudinale e vocazionale. Non più il luogo eletto obbligatoriamente all’incontro quotidiano, prestabilito, anagraficamente strutturato e ordinario, settato per generalità (età, pertinenza geografica territoriale e indirizzo), bensì bacino – pur sempre quotidianamente disponibile, utilmente geolocalizzato e aperto a tutti – di incontro multietnico, trasversale (dalla conoscenza empirica e teorica all’applicazione pratica) e multidisciplinare. In questo contesto immaginifico, tutti gli attuali attori del sistema avrebbero un ruolo, verticalizzato sulle loro migliori attitudini, abilità, competenze, inclinazioni, capacità e passioni. Tutto il tempo investito in un clima operoso, ricco di iniziative personali, capace di rendere la condivisione e l’incontro tra le persone un’opportunità di conoscenza, frutto di incontri e desideri, sarebbe senza alcun dubbio “produttivamente efficiente” sia sotto il profilo della relazione che sotto quello del risultato. Darebbe vita, per la prima volta nella storia della scuola, ad una nuova primavera nella quale non esisterebbero più retini ma solo farfalle.
Per quanto riguarda i primi anni di vita, invece, andrebbero con priorità riconsegnati alla cura e alla custodia dei figli da parte delle famiglie. Tuttavia, le famiglie in stato di necessità cognitiva, relazionale e spirituale (indipendentemente dal reddito!) potrebbero e dovrebbero anch’esse poter contare sull’aiuto e sulla presenza fisica di luoghi e comunità deputate, in modo specifico, al libero apprendimento, all’incontro, alla maturazione e alla crescita dell’individuo in questa delicatissima fase della vita. Nidi e scuole d’infanzia potrebbero divenire in tal senso dei family center, ovvero luoghi assistiti e sempre disponibili di incontro e condivisione in cui la partecipazione e la presenza di tutti i membri della famiglia nutrirebbe continuamente socialità, conoscenza e opportunità di relazione.
PUNTO 3
“Sull’innovazione digitale, anche con lo scopo di rafforzare contenuti e modalità di utilizzo delle nuove metodologie di didattica a distanza”
L’innovazione digitale non esiste più. Esistono le innovazioni, frutto degli esseri umani in ogni ambito della vita, e il digitale inteso come strumento in ogni ambito della tecnica e dei processi. Il valore dei contenuti di un percorso educativo non è dato (nella sua sostanza) dai mezzi e dagli strumenti, che comunque tali rimangono di certo in termini di validità, bensì dalle motivazioni e dalle ispirazioni che guidano il vettore, la persona o il canale comunicativo che ne muove le istanze. In tal senso, utilissima rimane l’opportunità offerta dalle possibilità donate da internet e da tutte le connessioni audio visive che dovessero consentire in futuro un arricchimento di mezzi e strumenti, ma il “rafforzamento dei contenuti” non dovrebbe riguardare quelli imposti, secondo un antico criterio nozionistico ormai noto e largamente deludente, bensì quelli richiesti, sulla base di una naturale inclinazione dell’essere umano a nutrire, arricchire e finalizzare, i propri talenti e le proprie attitudini innate per continuare ad alimentare la sua voglia di vivere, le sue naturali inclinazioni e le infinite opportunità di conoscenza offerte dagli strumenti del secolo in cui viviamo.
La didattica a distanza non può e non deve essere – o rischiare di diventare – una metodologia. Confondere mezzi e obiettivi è un rischio che non possiamo permetterci e che può rappresentare un grave danno di dispersione culturale, emotiva, empatica e funzionale per l’intera umanità. Il concetto di didattica (in qualunque forma) andrebbe sostituito con ciò che risponde alla vocazione di chi apprende: il mind on demand (per dirla ai tempi di Netflix) basato su una specifica necessità data da un desiderio libero, gratuito e genuino di conoscenza da parte di chi la ricerca, andrebbe alimentato, aiutato, affiancato, nutrito, soddisfatto e incrementato, per mantenere viva e vera la fiammella delle identità personali e dei fuochi sacri che si accendono nel cuore di tutti e che vengono spenti miseramente, col passare del tempo, per incendiare intere foreste di obblighi, schemi, tabelle, giudizi, titoli e meriti, delle cui ragioni si conserveranno – inevitabilmente – solo le ceneri.
Non esistono il rafforzamento dei contenuti o la didattica a distanza. Esistono il libero apprendimento e il desiderio di conoscenza.
PUNTO 4
“Sulla formazione iniziale e il reclutamento del personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado, con riferimento alla previsione di nuovi modelli di formazione e selezione”
E’ tempo di riconsiderare le scelte che all’inizio del ‘900 condussero all’impianto ideologico e strutturale della scuola, così come la conosciamo oggi, nata per rispondere in modo sintattico e predestinato a un mondo prevalentemente fondato sulle fabbriche (orari di lavoro, divisione per sessi, per età, per appartenenza geografica…) che oggi è profondamente cambiato.
Pochi si riteneva fossero, presumibilmente a ragione, i “detentori del sapere” in un contesto socio culturale costituito in prevalenza da analfabeti, contadini (sebbene non per questo ignoranti, come scriveva Gianfranco Zavalloni non troppi anni fa). Non è più così da molto tempo. Tutti lo sappiamo, tutti lo sanno. Il mondo a noi più prossimo, finanche localizzato a volte nel vicino di casa o nello straniero, rappresenta sempre più spesso una concreta opportunità di apprendimento ad ogni età della quale, se non fosse schiacciata e compressa dal ritmo estenuante della vita moderna (lo stesso di cui scriveva Maria Montessori ottant’anni fa) e da una (in)civilizzazione che è andata nel tempo togliendoci il saluto l’un l’altro in ascensore, dovremmo imparare a fare tesoro. Eppure, il titolo e il concorso pubblico, in ambito educativo come in molti altri, quale mezzo prescelto di reclutamento, e in particolare alcuni tipi di formazione iniziale (sempre gli stessi da almeno cinquant’anni) sono ancora oggi le premesse preferite da un sistema consapevole della sua inadeguatezza e complessità, e dunque anche per questo palesemente inerziale. Al solo sapere contenutistico di una o più persone, rispetto a quella che nel 2020 può essere definita una manciata di argomenti (perché oggi più che mai ognuno di noi è solo un granello di sabbia in una spiaggia enciclopedica globale e multilingua), il sistema formativo assegna tutto il valore dell’istruzione. Avrebbe detto invece Maria Montessori che chi impara dovrebbe essere educato alla pace e chi insegna dovrebbe concentrarsi sull’esercizio delle virtù. La pace e le virtù sono i luoghi della relazione che dovrebbero essere naturalmente consegnate alla nascita ad ogni educatore, ad ogni genitore, ma sappiamo bene che non è così e che, come ogni essere umano, anche chi vince un concorso ha il grande limite universale di non riuscire ad essere sempre paziente… figuriamoci onnisciente.
Sappiamo che nella vita, non solo a scuola, incontriamo e ricordiamo i nostri Veri Maestri. Ci sono ancora e li ringraziamo. Altri vengono dimenticati, ma ringraziamoli lo stesso perché senza di loro oggi non sarebbe possibile riconsiderare molte cose.
Stando all’etimologia, il termine “insegnare” deriva dal latino insignare, composto dal prefisso “in” unito al verbo “signare“. Il suo significato è segnare, imprimere dal sostantivo “signum“, che significa marchio, sigillo. L’attività dell’insegnante, lungi dal limitarsi alla trasmissione del sapere fine a se stesso, consiste nel “segnare” la mente del discente, lasciando impresso un metodo di approccio alla realtà, che va ben oltre lo studio. Ma qual è il senso di questo? Quello quindi di condurre, da educare = “educĕre”, accompagnando al meglio qualcuno verso la sua propria meta, qui ancora intesa come desiderio di conoscenza e naturale inclinazione al libero apprendimento, o quello di limitarsi a trasferire quella manciata di nozioni preconfezionate per lo più cent’anni fa? Chi e come elegge, se questa è la caratteristica più degna di nota nella sostanza, chi possa farlo oggi? E che ruolo hanno i genitori in tutta questa vicenda dell’istruzione (il segno), dell’educazione (il condurre) e più in generale della scuola (dal latino “schola”, dal greco “skholḗ” = ‘tempo libero’)? Nessuno? Oppure, solo quello di lasciare e riprendere i figli davanti al cancello, finché non siano in grado di andare e tornare da soli? Forse è perché si diventa genitori senza concorso che quindi si affidano i figli per l’80% del loro tempo, almeno fino a 16 anni, a chi invece una “medaglia sul campo” ce l’ha?
Per rispondere a queste domande dobbiamo chiederci se quello che noi siamo oggi, nel bene e nel male, è frutto esclusivo di quel marchio di fabbrica, di quel segno, o se piuttosto non sia l’esito del viaggio permanente che ogni essere umano compie, in modo assolutamente naturale per tutta la vita, attraverso un’esperienza complessa e articolata, chiamata Esistenza. Non esiste “La Scuola”, come non esisteva da invenzione recente qual è. Oggi men che mai è possibile immaginare che la conoscenza, sempre e comunque data da esperienze trasversali e multidisciplinari legate tra di loro da un complesso filo, che unisce i sensi alle intelligenze multiple e la creatività ai saperi, possa essere fisicamente solo in un posto, sia esso analogico o digitale. L’apprendimento libero gode di un entusiasmo eterno perché viene continuamente alimentato in una condizione di “formazione permanente” ambiziosa, alla ricerca perenne e sempre presente della scoperta del mondo. E’ un atteggiamento naturale alimentato da un vero desiderio, dalla ricerca di chi sono io, del perché sono nato e del dove sono diretto. E’ un ritmo scandito dal senso e dagli avvenimenti della vita che poco ha a che vedere con l’età, con l’appartenenza territoriale, con la fisicità del luogo o con lo strumento.
In sintesi e in sostanza, non può e non deve esistere un modello di formazione e quindi di selezione del “corpo docente” (che di fatto non esiste perché non attua in sé il valore assoluto che intenderebbe rappresentare). Bisognerebbe cambiare sia la logica che la direzione. Paradossalmente, potrebbero andare bene tutti o nessuno, se davvero mettessimo il presunto insegnante a disposizione dell’apprendimento e non il contrario, ovvero se ognuno divenisse un veicolo mobile di conoscenza verticale on demand per chi è in cerca di quella competenza, di quella informazione, di quella abilità, di quella lingua, di quella fonte di conoscenza… Se questo manifesto trovasse un’applicazione nella realtà, ognuno di noi, a qualunque età, avrebbe a disposizione strumenti, luoghi, persone e occasioni, per operare nell’ambito del trasferimento bidirezionale della conoscenza. Di fatto, accade già questo intorno a noi, ma ancora in modo casuale e arbitrario, non ordinario e non equilibrato. Tutti gli insegnanti potrebbero finalmente insegnare quello che amano piuttosto che quello che sanno e tutti coloro che ricorrono alla scuola potrebbero attingere a un più vasto e saporito piatto di abilità, attitudini e saperi, resi disponibili per l’intera comunità (in qualunque momento e ad ogni età) in una nuova ottica di cooperazione, collaborazione e condivisione.
Per anni si è parlato di libera circolazione delle merci a panacea di tutti i mali. Mai si è pensato invece a come rendere qualitativamente rilevante, significativa e credibile la libera circolazione dei saperi e delle competenze, avvenuta in modo naturale ma disordinato attraverso internet.
Oggi abbiamo tutto quello che serve per ricostruire da capo l’impianto dei saperi e la loro libera diffusione e circolazione senza perdere nulla avendo davanti un mondo profondamente ignorante, ma ancora affamato di conoscenza. Non perdiamo questa gigantesca opportunità per uscire dal tunnel degli standard ed entrare nelle gallerie della bellezza.
PUNTO 5
“Sul consolidamento e lo sviluppo della rete dei servizi di educazione e di istruzione a favore dei bambini dalla nascita sino a sei anni”
Se si lavorasse bene ai primi quattro punti, così come li abbiamo posti, il sogno di consolidare e sviluppare la rete dei servizi di educazione e di istruzione ad ogni livello a favore di TUTTI i bambini anche prima dei sei anni, diverrebbe realtà concreta quasi senza bisogno d’intervento. Sarebbe una conseguenza automatica. Tuttavia, pur senza dimenticare che esistono molte famiglie che non sono nella condizione di potersi occupare quotidianamente dei propri figli per tanti motivi e che quindi vanno aiutate, ci teniamo a ricordare che esiste una ricchissima scelta in testi di letteratura pedagogica, scientifica ed educativa, che vedono la famiglia d’origine come principale attrice, operante e presente, nella fase di apprendimento naturale di ogni individuo che è avvenimento proprio dei primi anni di vita.
Se la scuola è nata solo recentemente, i nidi e gli asili (ancora più recenti) sono anche frutto di una progressiva mutazione sociale a più mani che ha privilegiato l’emancipazione dei genitori come lavoratori e come adulti (spesso insoddisfatti) che, soprattutto volontariamente e non per necessità, si trovano impegnati in una vita professionale e relazionale che li rende quasi totalmente estranei alla famiglia. Di questo non si può non tener conto perché se è vero che il mondo riparte dalla dedizione e la cura dell’altro, dalla solidarietà, dalla coesione sociale, dall’attenzione al nutrimento spirituale di ognuno e dalla felicità condivisa, non è possibile pensare che possa farlo da sé o comunque nella quasi totale assenza dei genitori delle nuove generazioni gestita logisticamente tra servizi, nonni e baby sitter. Posto che, come ormai sappiamo, nei primi sei anni di vita un individuo integra l’80% del suo sistema operativo (ovvero delle sue necessità tecniche primarie, quelle che negli anni a venire lo renderanno autonomo e capace di dare un senso alla sua esistenza) solo attraverso l’apprendimento naturale, questa integrazione strutturale del bambino ne prevede anche una ontologica, altrettanto naturale ma addirittura più importante, che non prescinde affatto dalla presenza o meno dei genitori. Chiamati ad essere primi affidatari, custodi prescelti e testimoni principali, nella vita dei propri figli, almeno i genitori che possono farlo hanno il naturale compito, per altro dovuto sotto il profilo della responsabilità, di tornare a garantire ai propri figli una maggiore disponibilità di tempo che significa di gioco, di compagnia attiva, di lettura, di carezze, di momenti inutilmente trascorsi a guardarsi negli occhi facendosi anche solo dei piccoli sorrisi senza fretta, di vera presenza.
Il consolidamento e lo sviluppo della rete dei servizi di educazione e di istruzione dunque andrebbe rivisto profondamente nel suo incipit iniziale per garantire una offerta distribuita on demand: così, la logica che ne governerebbe la revisione non andrebbe più ricercata nell’età dei destinatari o nella loro condizione di appartenenza, bensì nelle loro possibilità o meno di accedere sul momento anche a servizi che potrebbero essergli offerti solo a pagamento in un qualunque hub educativo della rete territoriale dello Stato. Per fare un esempio concreto: tutti gli hubs, salvo eccezioni, sarebbero sempre e comunque aperti al pubblico, mantenendo da un lato la gratuità e la tutela dei servizi di base (tra i quali quelli ancora e già offerti dalla scuola corrente in un caso o dalla baby sitter dall’altro in merito alla custodia) e aggiungendone dall’altro tanti altri a pagamento (impossibile per noi provare a dire in questa parentesi quante decine di cose potrebbero essere fatte: arriveremmo a rappresentare in Europa un caso unico di innovazione e riqualificazione dell’offerta educativa proposta da uno Stato!).
L’educazione e l’istruzione a favore dei bambini dalla nascita sino a sei anni non esiste nelle due accezioni di condurre e segnare. A quell’età esiste unicamente una naturale propensione a conoscere il mondo che è ciò che ne nutre il profondo desiderio di scoperta. Continuare a interferire, in questa fase della vita, con la falsa pretesa da parte di tutti per ragioni diverse che a due anni un bambino debba divenire autonomo, capace di gestirsi da sé, di maturare il senso del rischio, di non “attaccarsi troppo” alla sua famiglia di origine, di non sporcarsi quando mangia, di non bagnarsi le scarpe quando cammina, di, di, di e ancora di… significa soltanto spogliare nel tempo questa attitudine naturale, quella della scoperta e della propensione all’infinito, che è stata propria di personalità che non hanno mai conosciuto il nido, l’asilo o la scuola: cosa hanno fatto a quell’età Leonardo Da Vinci, Raffaello e Michelangelo? dov’erano Mozart, Chopin o Beethoven?
Se tutti tornassimo a domandarci di cosa abbiamo privato l’essere umano all’origine, anziché a lodare quanto bravi siamo stati ad aggiungere nel tempo orpelli non richiesti e bisogni inesistenti, scopriremmo che forse sì: i nostri giovani possono ancora essere felici, soprattutto se da piccoli scoprono di poter chiedere quando ne hanno bisogno senza essere sommersi dall’alta marea, di potersi fidare degli adulti senza la paura di essere continuamente abbandonati a destra e a sinistra, di poter condividere con entusiasmo le loro scoperte senza incontrare genitori che le banalizzano per tornare in tutta fretta alla “propria” occupazione principale e… anche qui, potremmo continuare per ore a dire, ma questo è il tempo del fare.
PUNTO 6
“Sul rilancio della qualità del servizio scolastico nell’attuale contingenza emergenziale”
Come al solito, le parole sono importanti e quindi cominciamo qui col dire che:
1. il servizio esiste da tempo immemore;
2. la qualità se non c’è non si può rilanciare, ma si può senza dubbio cercare di raggiungere; mentre si può certamente camminare a testa alta laddove era già presente;
3. l’attuale contingenza emergenziale rappresenta un contesto, per altro non paesaggistico, ovvero temporale che, in quanto “emergenza” appunto, non depone di certo a favore del miglior preludio possibile e che quindi dovrebbe avere il peso che (non) merita.
Le premesse di questo sesto punto, dati i primi 5, appaiono da un lato ridondanti e dall’altro rischiosamente “cuoche del boccone dell’aspettativa”, il più cattivo in assoluto perché ha sempre un retrogusto molto amaro. In merito a questa emergenza, troppe e di diversa natura sono e saranno ancora le incertezze, da qui al termine dei lavori della commissione dedicata a questo arduo compito. Sarebbe una pretesa troppo passeggera e troppo labile quella di giocare in difesa pensando di introdurre dinamiche correnti che potrebbero restare nel tempo. Bisognerebbe pensare all’eternità. E’ quando l’uomo si pone questo obiettivo temporale che dipinge la Cappella Sistina da giovanotto!
Se si lavorasse nell’ottica dell’hub educativo e permanente, si raggiungerebbe rapidamente una soluzione fisica e logistica che alla proposta di una nuova forma di offerta educativa affiancherebbe la richiesta di ripresa della scuola da parte delle famiglie conciliata con quella del distanziamento richiesto dall’OMS. Tornare ad incontrarsi, oltre ad essere in sé un atto di civiltà e un segnale educativo importante per i bambini e per i giovani, è certamente obiettivo di tutti. Farlo nel rispetto delle precauzioni necessarie e consentendo a chiunque di “sapere dove andare” potendo evitare dispersione e mancanza di attenzione è altrettanto importante.
Ecco quindi una prefazione utile a una possibile rivoluzione in ambito educativo per la quale ora come non mai si presenta una opportunità davvero più unica che rara.
1. Lavorare per la abolizione del titolo fino all’età relativa all’obbligo di istruzione: in molti Paesi del mondo è ormai possibile accedere alle università, laddove richiesto, attraverso una abilitazione d’ingresso che non tiene conto della provenienza accademica, geografica e anagrafica, di chi richiede di potervi accedere.
2. Voti e giudizi, soprattutto fino all’età relativa all’obbligo di istruzione, andrebbero rimossi; noi faremmo “carte false” per eliminare perfino la memoria storica di un criterio di valutazione sfociato nella semplice e pericolosissima definizione aprioristica di chi è più bravo e meno bravo, più capace e meno capace, più dotato e meno dotato, più normale e meno normale.
3. Via le aule, l’insegnante solo in quanto abilitata e il maestro unico (Maria Montessori dixit): oggi è possibile creare contesti educativi vivi e multidisciplinari; farlo subito, e in modo destrutturato, spogliato ad esempio dell’assetto frontale banco-cattedra (che crea assembramento a prescindere, soprattutto nei bambini più piccoli, e che è nato all’inizio del ‘900 per impedire fisicamente ai bambini di muoversi e di fare rumore), può porre le basi per il ritrovamento delle autonomie motorie. In ogni ambiente, la naturale attenzione per un interesse reale e per le attività presenti, muterebbe il disordine in equilibrio e il caos in concentrazione.
4. Gli hubs, identificati da subito negli attuali edifici scolastici, come abbiamo ormai più volte scritto, andrebbero promossi come luoghi in cui, grazie a un naturale interesse per un argomento, a una passione, a un’attitudine o alla ricerca di una competenza, si manifestano spontaneamente la libera circolazione dei saperi, delle esperienze, della conoscenza e delle competenze. Per altro, questo approccio aiuterebbe tantissimo la complessa questione scolastica legata all’orario e al ritmo temporale imposti da logiche che a tutto rispondono tranne che a quelle dell’apprendimento. Le esigenze delle famiglie, che hanno in larga parte apprezzato la conquista di un tempo residuale prima dedicato al traffico, al piazzamento dei figli da tutte le parti, all’accudimento degli anziani, agli orari di lavoro standard e alla spesa in massa, sarebbero in tal senso integrate in una realtà più accogliente e qualificante in grado nel tempo di divenire risorsa comune e opportunità di esperienza conoscitiva diffusa.
5. Porre le basi per sostituire di sana pianta anche il più recente concetto di alternanza scuola-lavoro (assimilabile nella maggior parte dei casi a situazioni di sfruttamento legalizzato a favore dei contesti produttivi e, peggio ancora, a sfavore dell’espressione creativa delle singole personalità) con un più universale, naturale e tangibile bisogno reale di apprendere (che non esclude il fare), sin dalla nascita, dettato da un innato desiderio di conoscenza. Una conoscenza è davvero profondamente tale solo se abbinata ad un’esperienza concreta e ogni esperienza richiede l’intera sensorialità umana, in ogni fase del suo specifico, unico e individuale sviluppo.
6. Come non approfittare infine di questo tempo di opportunità per scardinare un altro pilastro standard storicamente ostile alla reale dinamica che incentiva l’apprendimento naturale e personalizzato nella vita di ognuno? Potrebbe essere l’occasione perfetta per tornare finalmente a discutere e a contestualizzare diversamente l’antica e infantile formula della divisione aprioristica delle fasce di età. E’ un tema che, per altro, in un momento come questo potrebbe facilmente incontrare il consenso delle famiglie che non sarebbero più condizionate dallo spartimento fisico e logistico dei figli in funzione dei luoghi e dell’età, ma che potrebbero invece contare su una soluzione geograficamente semplificata (ma allo stesso tempo attenta e adeguatamente personalizzata) in base alle esigenze di tutta la prole.
Molte altre potrebbero essere le rondini che accompagnano in volo questa primavera di grandi cambiamenti e, assieme a questo manifesto gratuito, comunitario e volontario, che si propone di costituire l’inizio di un viaggio, intendiamo offrire un aiuto concreto alle attività che in ogni modo potranno riguardare il rilancio più che mai urgente dell’educazione e dell’istruzione nel nostro amato Paese, l’Italia.
In ultimo e a tal proposito, chi scrive intende anche farsi attore protagonista volontario e in prima linea di tutto quello che potrà riguardare tutti gli aspetti legati a:
* l’immediato studio approfondito e concreto di un piano operativo di attuazione in grado di coinvolgere famiglie, professionisti e operatori del settore;
* scouting dei profili dedicati alle attività di iniziazione e consolidamento;
* indicazioni di dettaglio per la messa in atto e lo start-up degli hubs;
* coordinamento, avviamento e formazione iniziale delle dinamiche e delle risorse umane coinvolte nei vari hubs pilota.
Bibliografia suggerita e riferimenti (in ordine sparso) per l’approfondimento autonomo e volontario della derivazione degli argomenti di rinnovamento proposti da questo manifesto in ambito educativo:
Fonte/Autore | Titolo/Destinazione/URL |
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Ivan Illich | “Descolarizzare la società” |
John Holt | “Come apprendono i bambini” |
Jhonny Dotti | “Educare è roba seria. Corresponsabilità, oratorio, vocazione. Parole per il domani.” |
Colin Ward | “L’educazione incidentale” |
Maria Montessori | “Il bambino in famiglia”, “Il segreto dell’infanzia”, “Educare alla libertà”, “La mente del bambino” |
Alexandre S. Neil | “I ragazzi felici di Summerhill” |
Gianfranco Zavalloni | “La pedagogia della lumaca” |
Pier Aldo Rovatti e Davide Zoletto | “La scuola dei giuochi” |
Arno Stern | “Il gioco del dipingere” |
André Stern | “Non sono mai andato a scuola. Storia di un’infanzia felice.” |
Jesper Juul | “Il bambino è competente. Valori e conoscenze in famiglia.” |
Monica guerra | “Materie intelligenti” |
Gary Chapman e Ross Campbell | “I cinque linguaggi dell’amore dei bambini” |
Jean Itard | “Il fanciullo selvaggio dell’Aveyron… cresciuto nei boschi come un animale selvatico” |
Ken Robinson | “Scuola creativa”; “Fuori di testa”; “Cambiare i paradigmi dell’educazione” (video qui) |
Luigi Giussani | “Il rischio educativo” |
Giovanni Bollea | “Le madri non sbagliano mai” |
Tutti i libri di Keri Smith |
E’ possibile sottoscrivere questo manifesto su change.org cliccando qui.
Speriamo, in questo modo, di aver dato un contributo alle idee della commissione e di aver offerto qualche nuovo spunto di riflessione alla comunità, perché così come è vero che lo Stato ci deve aiutare, anche lo Stato potrebbe aver bisogno di noi. E allora quale occasione migliore di quella offerta da questo tempo di crisi, in cui i frutti che riusciremo a raccogliere saranno forse per i nostri nipoti, più che per i nostri figli?
E’ noto ormai che a casa nostra l’obiettivo quotidiano è la vita eterna. Non ci si arriva mica guardando per aria! Come ha detto ieri nostro figlio Samuele:
“Lo sapete? Per andare in cielo ci vuole tanto tempo! Prima bisogna diventare Santi!”
L’ha ripubblicato su Il blog di Giorgia Petrinie ha commentato:
Vi consiglio di seguire il blog al quale mi sono dedicata maggiormente negli ultimi tre anni, nato dal mio ultimo libro: http://www.lascuolanonesiste.blog. Se volete cominciare sottoscrivendo il manifesto sulla scuola che abbiamo appena lanciato, siete i benvenuti. E comunque lo siete a prescindere.
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Questo manifesto è davvero magnifico, avete fatto n ottimo lavoro!
Che possa essere preso seriamente in considerazione da tutti!
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