Diario Di Bordo Linguaggio e lingue

Kids&Us e il cous cous verdure e ceci

Sveglia alle 8.45, dettata dal fine sonno di Samuele. Notte buonina.

Preghiera di risveglio e condivisione del vangelo del giorno seguite da colazione sua e nostra fino alle 10.00.
Siamo usciti tutti insieme subito dopo per andare a spasso e per raggiungere il Bambin Gesù che abbiamo vicino casa. Volevamo un consulto su una strana leggerissima dermatite che Samuele sta manifestando da qualche giorno, soprattutto dopo la doccia. Non ci siamo riusciti, 100 persone in coda davanti a noi (!) e tempi stretti col pranzo di Sam. Abbiamo deciso di tornare a casa e ritentare nel pomeriggio.

In realtà, per il pomeriggio avevamo in programma di fare visita a una scuola di lingua inglese che abbiamo scoperto per caso. Ci ha incuriosito il fatto che il metodo utilizzato, a partire dal primo anno di vita, fosse quello dell’apprendimento naturale – come per l’unschooling – e che, guarda caso, fosse proprio vicino casa: Kids&Us.

kids&Us

Al momento, per quanto riguarda la scuola, l’approfondimento che abbiamo fatto ha confermato la prima impressione. Se Samuele avrà modo di tuffarsi in quest’esperienza a settembre comincerà, ovvero prima di compiere 2 anni. Una volta a settimana per 45 minuti avrà un appuntamento.

Cosa ci spinge ad approfondire “il tema delle lingue straniere” così presto? In realtà  le risposte sono più ampie del tema in sé e forse sono scontate, ma penso valga la pena di condividerle:

1) I nuovi nati, prima ancora che essere nativi digitali, sono e saranno sempre più “globalizzati”: incontreranno sempre più persone che parleranno sempre più lingue diverse dalle loro e si troveranno a “competere” in un mondo in cui capire e farsi capire (ovvero saper comunicare) avrà un’importanza primaria e assoluta, da ogni punto di vista. Cominciare presto significa investire sul periodo di più alto apprendimento di un bambino che a quest’età, come abbiamo già avuto modo di notare tante volte, impara con entusiasmo molte più cose di quanto un adulto pensa sia in grado di elaborare ed apprendere.

2)  Dal punto di vista educativo e formativo, si tratta di un unschooler che una volta a settimana, per 45 minuti, in un certo giorno, con altri 5 bambini, si prende la responsabilità, nel suo piccolo, di rispettare un impegno preso: contrariamente a quanto si pensi, un unschooler non è uno che non ha niente da fare tutto il giorno o che fa come gli pare – come spesso ci sentiamo dire – ma è uno che impara naturalmente dalla nascita a scandire il proprio tempo, a fare delle scelte, a preferire, a decidere e indirizzare, senza costrizioni o dipendenze, ma con semplicità e libertà.

3) Dal punto di vista sociale e comunitario, è un unschooler che ha l’occasione di frequentare gli stessi bambini almeno una volta a settimana, di imparare a socializzare anche con chi non può sempre scegliere lui, di seguire e inserirsi in un ritmo che, per quanto naturale, è proposto dall’ambiente esterno e da un contesto diverso da quello parentale o genitoriale. E’ un’occasione bella, utile, divertente e costruttiva, per osservare la realtà da un’altra angolazione.

4) Ultimo, ma primo in ordine di importanza, dal punto di vista personale, spirituale ed emozionale, speriamo di mettere un semino tra i tanti alla ricerca e scoperta di quei doni e talenti che, prima di renderlo “uno che sa molto bene l’inglese” – ammesso che lo diventi, non sapremo mai per fare bene che cosa o chissà quando -, LO RENDANO FELICE.

La foto del giorno è quella della cena. L’altra metà del titolo di questo post: cous cous con verdure e ceci al vapore. Perché Samuele ancora non dice una parola, neppure in italiano, però mangia tutto da quando ha cominciato. E, per quanto ne capiamo, ci sembra un’attività che lo rende già molto felice!

Alle 00.09 del 25 aprile, passo e chiudo. Notte gente.

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PS. Buca al Bambin Gesù anche nel pomeriggio perché per essere visti subito si passa solo dal pronto soccorso. Quindi, domani, pediatra.

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