Quanto è “difficile” o “rischioso” scegliere di praticare educazione parentale avendo dei figli unici? E’ il nostro caso. Partiamo dai voli pindarici che la mia mente compie ogni sera, quando si spegne tutto e tutti dormono, considerando che – anche se non per scelta – nella nostra famiglia Samuele è tuttora figlio unico. Per le domande banali c’è la pagina delle FAQ (clicca qui) e sul mio nuovo libro, prossimo all’uscita, ne troverete molte altre. Quelle che elenco di seguito sono più riflessioni, considerazioni che la coscienza sottopone alla ragione, che la fiducia propone all’istinto e alla spontaneità, che la solitudine oppone alle tante certezze e credenze popolari (seppur il più delle volte infondate).
1) Rischiamo di far diventare questa scelta un “su misura” troppo esclusivo per nostro figlio? Tra qualche anno, non penserà che tutto gli è dovuto e che tutto ciò che non veste bene su di lui non va bene in generale?
2) Avendo intorno una così “povera” famiglia dal punto di vista numerico (fatta di soli tre nonni – impegnati o lontani – e un paio di zii invisibili), a parte i tanti cari amici che quasi frequentiamo più di noi stessi e ai quali vogliamo bene come fossero fratelli e sorelle di sangue, come farà a sviluppare quei tanti aspetti legati alla complessità e varietà delle relazioni famigliari?
3) Come faremo noi a garantirgli sempre quel “pronto intervento educativo”, di fratellanza, di condivisione e di gestione delle dinamiche interpersonali, che inevitabilmente gli occorrerà, non avendo apparentemente null’altro cui attingere in termini di comunità?
4) Come possiamo vivere una scelta consapevole e totalizzante dell’educazione parentale se il 90% delle cose dirette e indirette dipendono da noi e non abbiamo alcuna speranza umana di immaginare che il futuro possa essere, almeno nel breve termine, diverso?
Quanti interrogativi! Tutti leciti e nessuno nascosto, celato o travestito. Chi comincia a mentire a se stesso è un mezzo uomo che inizia a mentire anche al resto del mondo. Chi è sicuro di essere sicuro è morto.
In verità, è una bella gatta da pelare quella del figlio unico in educazione parentale e chi non lo dice, o finge che non sia vero, omette o mente sapendo di mentire.
Penso di aver scritto e detto più volte che la via dell’educazione parentale è di per sé una scelta impegnativa all’origine. Tutti la possono fare – sì! – ma tutti quelli che la fanno hanno bisogno di tanta perseveranza, di tempo, di essere ben saldi nella scelta fatta, di desiderarla ogni giorno ardentemente, di riconoscere i propri errori più che i propri meriti e di rinunciare a tante, tante, tantissime cose. Questi, secondo me, sono i nodi fondamentali di una scelta che, soprattutto in una grande città come Roma – dove la dispersione territoriale e la logistica degli spostamenti quotidiani sono aspetti determinanti -, i genitori si trovano a dover pettinare giornalmente.
Volere è potere? Tutto è possibile? Se lo vogliamo lo facciamo? Ecco, su questo, in 43 anni di tante variegate esperienze e lezioni, più prese che date, la vita mi ha insegnato che no: “Yes We Can…” – se posso aggiungere – “un par de pal”. Relativamente al viaggio che stiamo percorrendo con nostro figlio Samuele, io vorrei tante belle cose per lui, eppure spesso …“No I Can’t”. I motivi? I più svariati. Per le stesse cose perdo nottate su internet a fare ricerche di ogni tipo, sfoglio i palinsesti di tutti i teatri di Roma, seguo e dialogo con gruppi di famiglie online che hanno fatto la stessa scelta, mi affanno per portarlo da un parco all’altro, per farlo stare in compagnia, per fargli frequentare i suoi amichetti e le sue amichette, per aiutarlo a scoprire il mondo senza interferire con i suoi gusti, con le sue caratteristiche, con le sue preferenze, con i suoi tempi e le sue modalità. Eppure una cosa, forse la più importante, resta com’è: è figlio unico. E io non ci posso fare niente. E noi non ne siamo contenti, sia chiaro. Ne avremmo voluti cinque tutti vicini – il secondo lo abbiamo perso quest’anno all’ottava settimana -, senza considerare il fatto che io spero ancora, e da tempo, in una gravidanza gemellare. Mi sono anche sentita dire, da medici e pediatri, che di questi tempi non è così difficile avere altri figli anche a quest’età. Certo, ma noi siamo di un’altra “scuola”…
E’ figlio unico. Sebbene Samuele abbia un bel carattere e sia un bimbo molto dolce, abituato da subito a condividere le sue cose ovunque, in casa: il divano è “suo”, non ha bisogno di negoziare con nessuno per giocare con quello che vuole, non deve dormire scomodo perché un fratello gli si pianta nel letto, non deve spartirsi i genitori, i libri, le coccole, l’attenzione, il tempo, l’attesa. E’ figlio unico. Secondo me, c’è una bella differenza che, per carità, non è detto che sia per forza penalizzante, però per molti versi richiede maggiore attenzione e maggiore dedizione. Ecco, le famiglie numerose sono “la scuola” che farei frequentare ai miei figli, questa sì.
Che dire dunque sui figli unici homeschooler di questi tempi? Occhi aperti e gambe in spalla. Se lavorate entrambi a tempo pieno non si può fare, o quasi.
Chiedetevi se sareste, o siete davvero, disposti a rinunciare a fare quello che vi piace per aiutarli a scoprire cosa piace a loro. Il boccone del prete è tutto lì: i nodi vengono al pettine, le domande trovano risposte e le luci si possono spegnere. Ci si vede anche al buio e, in fondo, così buio non è:
«Ora la mia gioia è completa. Egli deve crescere ed io, invece, diminuire» (Gv 3,29-30)
Ciao Giorgia! Anche qui figlio unico. Il tuo articolo non ha fatto che sottolineare ciò che sapevo, sentivo, percepivo. Quando vedo in foto famiglie più o meno numerose fare Hs, provo una punta di sofferenza, che già nasce dalla sola condizione di “figlio unico”, a prescindere dall’hs.
Posso, in un impeto di grande maleducazione, sapere quanti anni hai? 🙂
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44 cara 😊 con streptococco in corso
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Ciao Giorgia. Anche io sono di Roma, anche noi facciamo educazione parentale con una figlia unica. Da un anno ci siamo però trasferiti in Trentino. Hai ragione tu, è difficile con un figlio unico fare questa scelta. Posso dirti, però, che il problema principale per noi era proprio la città in cui vivevamo. Da quando siamo qui, abbiamo tanta più energia, tanto più entusiasmo, tante più cose da fare e riusciamo ad essere più felici e consapevoli di questa scelta. Una città come Roma ci ruba una cosa preziosa… il tempo! Grazie per queste riflessione. In bocca al lupo!
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Ciao Alessandra. È vero, ma è anche vero che in ogni scelta ci sono i pro e i contro. Quello che è certo è che bisogna stare dove ci si sente bene. Condivido pienamente. Grazie a te.
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Cara Giorgia,
siete bellissimi e siete fortissimi!
Lo so, non è facile andare avanti, se le cose non vanno come si vorrebbe.
E hai ragione, fare homeschooling è facile con più figli.
ma… c’è un ma?
No. =)
Andate avanti così, non ci sono se e non ci sono ma.
Buona giornata e buona fortuna!
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