No school 3-6: che fare? Varie ed eventuali

Yes, you are. Metodi e modelli.

Vivere la propria vita e l'istruzione parentale senza ansia o aspettative, evitando di attribuire a metodi e modelli quello che non sono e che non devono rappresentare.

Questa è una coppia decisamente immortale in tanti ambiti della vita: lavoro, carriera, aspirazioni personali. Molti confondono il metodo con la certezza di raggiungere un risultato e il modello con loro stessi. Ne scrivo qui oggi perché, sempre più spesso, forse complice la seconda ondata e un nuovo lockdown alle porte, mi scrivono persone che mi chiedono insistentemente che metodo usiamo o a chi ci riferiamo per fare istruzione parentale.

Il mio primo libro era un libro sui modelli: “L’Italia che innova. 10 giovani leaders, 10 segreti del loro successo”. In un momento storico in cui tutti, me compresa, credevano che in Italia fossero solo i figli di papà a poter fare i manager o gli imprenditori, andai a caccia di modelli alternativi. Ne trovai tantissimi e ne scelsi 10 che avessero meno di quarant’anni, che non fossero figli di qualcuno, che rappresentassero casi di successo e che non raccogliessero a strascico o per inerzia, molto spesso senza un reale interesse o un’attitudine concreta, il patrimonio professionale di un’intera dinastia (come fanno i giovani imprenditori di Confindustria, tutti figli di qualcuno). Oltre a quello che fruttò nelle librerie, quel libro (scritto da una sconosciuta, di settore, di scarso interesse popolare e in forma di interviste) vendette quasi 10 mila copie grazie a due fattori dei quali mi occupai personalmente: prevendite mirate ad aziende e realtà amiche e internet (Facebook e Twitter in testa, gestiti da me -come anche tutto il resto della comunicazione- nel 2010 -guarda il video spot qui). Alcuni colpi di fortuna fecero il resto.

Il risultato della diffusione, della lettura e del successo che derivò da questo libro era uno schiacciante controsenso che capii solo quattro anni dopo, quando scrissi il secondo libro: “Il Dio che Non Sono” (guarda il video spot qui). Nel primo libro dicevo che tutti potevano farlo, che tutti potevano inventarsi un mestiere, diventare imprenditori o farsi da sé, che era solo una questione di merito e capacità, di forza, di volontà e tante altre robette da “Yes, YOU can”, ma nel secondo deposi le armi.

Dopo quel libro, per una serie di esperienze che caratterizzarono la mia vita proprio in quell’anno, scoprii “invece” che TUTTO E’ DONO e che un dono è sempre un mistero non intelligibile. Ognuno di noi è com’è. Impariamo delle cose ma non ne capiamo delle altre. Abbiamo alcuni interessi e ambiti della vita che non incontreremo mai sulle nostre strade. Siamo bravi in una cosa e molto meno in altre cinque. Diamo testate sul fondo quando ci eravamo convinti di poterci tuffare. Rincorriamo spesso ciò che vediamo in un altro e che noi non siamo. Facciamo spesso programmi che non si avverano, magari per via di un semplice imprevisto, o non ne facciamo affatto proprio quando ce ne viene offerta l’occasione… e potrei continuare per altri sette post. Anzi, continuate voi, ognuno pensando alla sua vita.

Ecco, per quanto riguarda i modelli, di qualunque cosa si tratti, credo che ognuno debba fare la sua vita. Questa cosa è doppiamente vera per chi, nella propria famiglia, sceglie di vivere con i propri figli un’esperienza di educazione e istruzione parentale, perché anche i figli sono come sono e ne hanno tutto il diritto. Vedo tante famiglie che rincorrono un particolare interesse a trovare una strada per indirizzare i propri figli verso qualcosa: l’inglese, le addizioni, il corsivo, il disegno, la manualità, la routine (che ispira tanta sicurezza a volte). Ne vedo molte di meno intente a coltivare gli atti d’amore, le virtù, la solidarietà, la comunione con gli altri, l’amicizia vera anziché la tanto ambita socializzazione.

Fate la vostra vita consentendo ai vostri figli di fare la loro. Non cercate di vivere la vita degli altri. I modelli non esistono. Le persone sono piene di fragilità, di incertezze, di caratteristiche personali che le rendono speciali e di doni propri. Non sprechiamo questi doni per essere quello che non siamo. Non circondiamoci di cose, orpelli, metodi o convinzioni, nel tentativo di raggiungere obiettivi che altri hanno raggiunto camminando per quella strada perché noi non siamo quegli altri. Siamo noi. Molto più probabilmente, faremo un’altra strada, passando per altre vie, con altri mezzi, in altri modi. Faremo la nostra strada perché quella per la quale passeremo la scriveranno inevitabilmente i nostri figli, che non ne sanno nulla delle nostre seghe mentali sul metodo Montessori (che non esiste) o su quello di Bortolato (che è una semplificazione e un aggiornamento del metodo Montessori …che non esiste).

I nostri modelli sono in casa nostra tutti i giorni e sono i nostri figli. Mariti e mogli completano il quadro. Guardando loro capiamo chi siamo noi e su quale autobus dobbiamo salire, perché l’altro è sempre l’occasione di poter fare un viaggio che da soli non faremmo. Ecco, guardate i vostri coinquilini, le persone che amate, quelle per le quali e con le quali state facendo questa scelta che non sarà né facile né difficile. Uscite da voi stessi, non cercate di appagare le paure vivendo la vita degli altri o facendovi ossessionare dall’idea di come arriverete ad un esame di idoneità di prima, seconda o terza elementare, sempre che abbiate intenzione di farli.

Insomma, lasciate perdere “Yes, you can” e passate a “Yes, you are”. That is much better.

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